Noi siamo i nati tra due epoche.
Abbiamo scritto i primi messaggi con penne e tastiere,
abbiamo conosciuto il silenzio dei telefoni fissi e il fragore della connessione dial-up.
Non eravamo “nativi digitali”, ma pionieri incerti.
Abbiamo imparato che ogni clic poteva essere scoperta, ogni errore poteva essere catastrofe.
Abbiamo costruito identità tra chat e quaderni, tra ICQ e appunti a matita.
Abbiamo vissuto la precarietà come regola,
il lavoro senza sicurezza, la casa come miraggio,
la crisi economica come colonna sonora della nostra giovinezza.
Eppure abbiamo trasformato l’insicurezza in resilienza.
Noi non abbiamo trovato un cyberspazio già ordinato: lo abbiamo visto nascere.
Abbiamo imparato che dietro ogni interfaccia ci sono persone, comunità, conflitti.
Abbiamo capito che la tecnologia non è neutrale: è scelta, è etica, è responsabilità.
Il nostro crimine non è la curiosità, ma la sopravvivenza nell’incertezza.
Il nostro manifesto non proclama l’indipendenza dal mondo, ma l’interconnessione tra i mondi.
Siamo figli dell’analogico e genitori del digitale.
Non vogliamo confini tra reale e virtuale: entrambi sono casa nostra.
Abbiamo visto nascere i social come spazi liberi e poi mutare in mercati.
Abbiamo compreso il prezzo dei dati e il valore della privacy.
Abbiamo imparato che la rete è memoria, ma non sempre giustizia.
Noi siamo la Generazione della Transizione.
Abbiamo un piede nel passato e lo sguardo nel futuro.
Non chiediamo permesso.
Non chiediamo scusa.
Noi non siamo solo utenti. Siamo testimoni, costruttori, eredi e innovatori.
E questo è il nostro manifesto.
La nostra squadra al completo.